Quaranta disegni che hanno come soggetto tori e architettura; un’architettura che, una volta disegnata e resa parte di un’opera d’arte, diventa un’architettura sognata e pensata in condizioni di libertà. In questo modo lo snodarsi di grovigli, segni e forme assume la valenza di intuizione progettuale di corposità tridimensionale, ma anche materica, che si stacca dalla dimensione unica del foglio a cui si “attacca” il disegno.
Quest’architettura che appare sognata è in realtà il prodotto della congiunzione tra la personale visione dell’artista e veri e propri schizzi di progetti architettonici per committenti reali; i disegni esposti sono quindi la sintesi tra l’essere architetto e il sentirsi artista.
“La mostra nasce come omaggio alla figura di Gioacchino Alvente, noto architetto e raffinato disegnatore – racconta il curatore Ermanno Tedeschi – Il suo sogno e il suo massimo desiderio sono sempre stati quelli di unire la figura dell’artista a quella dell’architetto. Gioacchino è un sognatore, un poeta con una visione speciale e molto aperta, dotato di una straordinaria sensibilità che lo porta a esaminare ogni cosa con attenzione e curiosità”.